IL PADRE NELL’ETA’ ADULTA DEL FIGLIO
26.09.2014 12:34
I figli sono grandi, vanno per il mondo, hanno una loro professione e una loro vita relazionale, che li dovrebbe proiettare verso l’autonomia, economica e affettiva. La genitorialità assume altre dimensioni e connotazioni, mentre si affronta la sindrome del nido vuoto.
Con l’uscita dei figli dal nucleo familiare i due genitori si ritrovano a vivere per loro stessi. Non é facile, perché dipende dalla modalità con cui hanno vissuto le fasi precedenti. L’uomo vive, tra l’altro, il periodo del pensionamento e del “tempo libero”, del tempo per sé. Occorre un nuovo ridimensionamento della vita della coppia e sociale.
Vi è un fenomeno, che viene attualmente esaltato dai mass media: la scoperta dei nonni e la loro presenza accanto ai nipoti, per aiutare i figli. Il fenomeno non è nuovo, anzi, è una realtà, la cui memoria si perde nelle generazioni del passato.
Se ritorno indietro nel tempo, quando ero piccolo, i nonni avevano un’importante funzione di supporto alle famiglie dei figli. Sia durante la seconda guerra che dopo, molti nipoti erano accuditi dai nonni, mentre i padri e le madri erano occupati nel lavoro e andavano a prenderli, alcune volte, anche a sera inoltrata. Vi erano anche allora divergenze sull’educazione tra nonni e madri e padri, che soffrivano di sensi di colpa per l’abbandono “necessario” dei figli.
Mio nonno aveva una sua funzione, una presenza di delicato sostituto paterno, di compagno di giochi, di coinvolgimento nel raccontarci le storie della prima guerra mondiale. La nonna era buona e vigile, accudiva, sgridava, ci lavava, ci faceva mangiare – con lei si mangiava tutto, o quasi. Aveva una saggezza, che le veniva dalle situazioni sofferte e da una profonda fede. Sapeva volerci bene e farsi voler bene e, assieme al nonno, ci insegnava l’educazione, a rispettarci e a rispettare. Noi bambini si andava da lei a dirimere i contrasti.
Un giorno, d’estate, eravamo nella corte una decina di bambini dai 4 ai 7 anni, cugini e figli di vicini. Si giocava e, come qualche volta avveniva, ci fu un litigio. La nonna si presentò sulla porta. Tutti corremmo verso di lei per spiegare l’accaduto. Ciascuno pretendeva di avere ragione. Eravamo in cerchio attorno a lei. La nonna aspettò che tutti ci calmassimo. Poi, guardando ciascuno negli occhi e tendendo la mano verso ognuno incominciò a chiedere: “ Hai ragione tu? E anche tu? E anche tu?” Tutti rispondevamo “sì!”. Finché arrivò alla più piccola: “Anche tu hai ragione, vero?” “Sì, nonna!” E lei: “Lo sapete, vero, che la ragione è dei mussi (asini)?…” E rivolta a ciascuno ripeteva: “Sei un musso, tu? Sei un musso tu?…” Ognuno rispondeva: “Io no, nonna… Io no, nonna!…”. Lei rientrò in casa e noi riprendemmo pacificamente a giocare.
Il nonno, che aveva assistito alla scena dall’alto del fienile, sorrideva, masticando tabacco.
La relazione di un padre con figli adulti comporta delle scelte, che tengano conto della loro autonomia e quindi di non invischiarsi in situazioni, che vadano a creare inutili problematiche relazionali. Accoglienza e accettazione, ancora una volta, non significano che si debba concordare su tutto ciò che i figli decidono.
Trattare i figli da adulti e responsabili comporta anche saper chiedere loro dei consigli e un aiuto, quando necessario, e dare aiuto, quando richiesto. Il dialogo, iniziato nella prima infanzia e continuato nell’adolescenza e nella giovinezza, fa da supporto alla relazione. Il padre imperfetto può acquisire quella saggezza, che gli deriva dall’esperienza della vita, da un suo lavorio interiore, dalla scrematura delle problematiche e dalla convinzione che ognuno ha da farsi la propria vita e che possiede i supporti psicologici interiori per affrontare le varie situazioni. Un sano ottimismo paterno diffonde serenità e supporta più di un nevrotico interessamento.
La presenza al figlio diviene discreta, attenta, fiduciosa e delicata, sotto tutti gli aspetti, psicologici, relazionali ed economici, senza l’ansia di volersi sostituire nell’affrontare le difficoltà della vita, anche quelle di coppia. Il figlio sa che può contare sul padre, sulla sua disponibilità, confidenza e discrezione. Il padre sa che può contare sul figlio, che vive la propria vita.
Le vite, del padre e del figlio, continuano a intersecarsi nella diversità e nella differenza dei ruoli e delle funzioni.
Il/la figlio/a, che diviene padre o madre, svolgerà a suo modo la funzione genitoriale, ripeterà con i propri figli, in una percentuale abbastanza alta, senza volerlo, errori fatti dai suoi genitori con lui/lei.
Il padre vede, capisce, non redarguisce, tiene tranquilla la moglie, esprime le sue perplessità, non interferisce: sa che anche suo/a fi-glio/a sta imparando a divenire genitore “imperfetto”. Può essere l’occasione del grande riavvicinamento per una nuova ricoprensione generazionale.
Gilberto Gobbi, Il padre non è perfetto, ed. Vita Nuova, Verona 2004, pp. 96-99.